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Partire dal design per fare la rivoluzione

Emanuele Piccardo

Il design come lo vediamo oggi rappresenta un mercato elitario per pochi eletti, ricchi e borghesi, non certo utile a risolvere la nostra quotidianità a cui pensa invece il design svedese di Ikea, con risultati alterni. La tradizione del design italiano nota in tutto il mondo con i maestri Munari, Zanuso, Ponti, Albini si é confrontata nel dopoguerra, a partire dal 1966, con una nuova generazione di designer prima, e architetti irriverenti, radicali poi, ma in fondo borghesi, almeno per Superstudio e Archizoom, che hanno proposto nuove forme e oggetti. E’ il caso di Superstudio che condividono con Archizoom la nascita, attraverso una mostra di divani e lampade alla Galleria Jolly 2 di Pistoia, della Superarchitettura. Una definizione che prendeva spunto dalla cultura pop approdata in Italia nel 1964 alla Biennale di Venezia che riconobbe alla nuova avanguardia americana un meritato premio consegnato a Robert Rauschenberg. Il 1964 fu l’anno in cui tutti si posizionarono, a favore del pop (Archizoom, Superstudio, UFO) o contro (Ugo La Pietra, Lucio Fontana).
“Il diffondersi delle nuove culture giovanili, se contribuiva a maturare, attraverso la partecipazione ai movimenti di protesta, la coscienza politica delle ultime generazioni-scrive lo storico Bruno Orlandoni - forniva pure una nuova iconografia, una nuova immagine della realtà, strettamente legata a precidi modelli di comportamento”1. E’ il comportamento a determinare le scelte dei superarchitetti nel progettare nuovi modi di abitare le case e le città. Nella mostra Superarchitettura, il “Super-studio”, che richiama nel nome l’influenza dell’America, dalla benzina super a Superman alla superproduzione, non a caso ripetuto nel manifesto, presenta prototipi di sedute e lampade variamente colorate in stile pop grazie alle doti del pittore-architetto Adolfo Natalini.
Il design in fondo non verrà mai abbandonato dal gruppo fiorentino. Anche nei progetti della megastruttura Monumento continuo elaborato nel 1969, come dimostra la serie di tavoli e sedie disegnati per Zanotta col nome di Quaderna (1970-1971) e nel catalogo degli Istogrammi di architettura (1970), diversamente da quello che avviene per i loro compagni degli Archizoom. L’avvento di nuovi materiali come la plastica, tra cui il suo derivato il poliuretano usato soprattutto per materassi, poltrone e divani. Con la trasformazione della sala da ballo in Piper, quando nel febbraio 1965 si inaugura il Piper romano, il poliuretano diventa il materiale più usato. Ma l’attenzione al design comportamentale esce dall’oggetto alla micro scala per raggiungere altre tipologie di progetto come la discoteca Mach2, realizzata da Superstudio a Firenze nel 1967. Così il contesto culturale della controcultura sessantottina rivoluzionaria irrompe nell’architettura, dal 1963 al 1973, dalle prime occupazioni delle università fino alla nascita e alla prematura dissoluzione della Global Tools. Una sorta di scuola arts&crafts alla maniera di William Morris fondata da Archizoom, Superstudio, UFO, La Pietra, 9999, Zziggurat, Pettena, Buti, Dalisi, Mendini, Dal Lago e arenatasi per divergenze tra i fondatori.
Nel 1973 Natalini insieme a Toraldo Di Francia, Poli e Frassinelli tiene il corso di Plastica ornamentale alla Facoltà di Architettura di Firenze in cui “le tecniche e i materiali tradizionali prediletti dalla Global Tools diventano i temi di studio[…]”2. Sono gli anni in cui Superstudio si avvicina alla cultura contadina e all’arte povera, dopo la mostra omonima organizzata da Celant alla Galleria La Bertesca di Genova nel 1967.
“Le culture subalterne o emarginate di contadini, artigiani, pescatori, pastori e carbonai, i loro utensili e le loro capanne, offrono a Superstudio i contromodelli per forme di vita alternative, per relazioni non alienate”3. Forme di vita alternative esemplificate dalle suggestioni fornite dai fotomontaggi della Supersuperficie (1971-1972) quadrettata bianca, altra evoluzione del Monumento Continuo, per la vita nomade, figlia delle comunità hippies americane, tra abitare e produzione. Nel 1970 Ettore Sottsass jr., compagno di viaggio e fiancheggiatore dei superarchitetti, ha una storia d’amore con l’artista catalana Eulalia Grau e frequenta il deserto spagnolo dell’Almeria dove pratica le azioni nomadi previste dalla Supersuperficie. Non solo, ma costruisce strutture temporanee attorno al 1973 che sono la materializzazione dei fotomontaggi di Superstudio, come nel caso del Disegno di un pavimento su cui i tuoi passi saranno incerti. Una dimostrazione della continua contaminazione e trasmissione tra sperimentatori contigui in quegli anni, la cui ricerca si influenzava vicendevolmente. Superstudio ha così rappresentato il famoso detto razionalista “dal cucchiaio alla città” compiendo una rivoluzione nel progetto degli oggetti e il cui apporto si é manifestato nel fornire suggestioni e scenari futuri, attuati però dalla generazione successiva di architetti come Koolhaas, Nouvel, Hadid. Dissolto il gruppo Toraldo Di Francia e Natalini hanno intrapreso nuove avventure progettuali che, nel caso di Natalini con maggiore evidenza, gli hanno fatto abbracciare il postmoderno, tradendo così quello spirito rivoluzionario, per poi nell’ultimo decennio ritornare a celebrare la gloriosa storia del Superstudio.

Note

1 B.Orlandoni, P.Navone, Architettura Radicale, Documenti di Casabella, Milano 1974, p.23.
2 R.Gargiani, B.Lampariello, Superstudio, Laterza, Roma-Bari 2010, p.110.
3 Ivi, p.111.

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