La macchina della pioggia, o “Signorina, per favore, le chiedo di rispettare la geometria!”
Philipp Wuendrich
Abstract
Le modalità con cui Enrico Molteni sviluppa la sua ricerca e la didattica riflettono anche il suo modo di lavorare come architetto. Gli strumenti che adotta da un lato evidenziano i suoi principali interessi di ricerca progettuale, dall’altro sono in grado di costruire dei limiti rigorosi entro i quali dar luogo a molte interpretazioni sempre diverse l’una dall’altra, rafforzando quel processo di lavoro equilibrato fra input di conoscenza/ricerca e allenamento di progettazione.
The aim of Enrico Molteni’ s research and teaching reflect his architectural work. The tools that adopts on the one hand highlight his main design research interests, on the other, they are able to build the limits within which to take place to many always different interpretations one from the other, strengt hening that process of balanced work between input of knowledge/research and training of design.
Keywords
Curiosità, intensità, autenticità, didattica
Curiosità
“Ma il testo lascialo pure scritto in tre lingue! Un po’ in tedesco, un po' in italiano e un po’ in inglese: potrebbe diventare un modo di scrivere completamente nuovo!”.
Con queste parole inizia il nostro primo incontro per discutere del mio punto di vista sul rapporto tra la sua ricerca e la sua architettura, ovvero tra l’attività didattica e quella professionale di Enrico Molteni. Tenendo ben presente che tutto è progetto, avrei voluto seguire quel consiglio. Ciononostante, il mio sguardo esterno sul paesaggio architettonico italiano mi sembra già abbastanza particolare, senza dover rendere la lettura del mio testo completamente incomprensibile per l'uso di tre lingue diverse. Comunque sia, la ritengo un’osservazione sintomatica. Sta tutto lì. Questo è l’entusiasmo di Enrico Molteni, la curiosità di vedere del nuovo. Mi sembra un punto di partenza fondamentale sia per chi crea architettura, sia per chi la insegna.
Tra le altre cose che mi interessano in questo momento potrei nominare in termini generali la curiosità, l’intensità e l’autenticità. Sono parole direi poco specifiche, però a mio parere possono servire come criteri universali per valutare quello che ci sta intorno. In questo caso vorrei usare questi tre valori per creare un nesso tra la mia esperienza come collaboratore e come assistente di Enrico Molteni e quella di chi, nel frattempo, ha un proprio studio e luogo di insegnamento.
Intensità
Per descrivere Enrico Molteni in modo del tutto positivo, come un fanatico senza mezze misure, basterebbe vedere i modelli architettonici nei corsi che svolge. I modelli di tutti gli studenti vengono uniformati tramite una vernice di bitume nero, o tutti bruciati a fuoco, o fatti tutti in un unico materiale, come ad esempio il plexiglas. Imponendo poi colori o campiture obbligatorie per la presentazione grafica finale. Tutto ciò per rendere tutti i risultati paragonabili, ma anche riconoscibili nel variegato ambito universitario1.
Enrico Molteni quindi tende a togliere certe informazioni per focalizzare di più l'attenzione sui temi di cui vuole discutere, piuttosto che su altri. Questa operazione mi sembra del tutto particolare. Dato che la pratica della progettazione è qualcosa che si può solo imparare progettando, ed essendo un allenamento -come quello della ginnastica- specifico per chi progetta, anche i suoi laboratori di progettazione, coerentemente con questa filosofia, sono strutturati come se fossero svolti in uno studio di professionisti che progettano insieme.
La sua didattica mostra il fatto che imparare a fare architettura significa imparare a fare delle scelte. Per fare delle scelte uno ha bisogno di criteri. Quindi Enrico Molteni stabilisce una cornice forte, ma non rigida, per i suoi studenti. Li costringe a concentrarsi, a focalizzarsi sull'essenziale del progetto.
I temi sono chiari, e spesso c’è un esempio in cui è possibile evidenziare una riduzione agli elementi architettonici fondamentali, come quelli enunciati da Rem Koolhaas durante la sua Biennale di Venezia2. In questo modo nasce un campo da gioco comprensibile3.
Come esempio personale, mi riferisco al ciclo di Atelier tenuto a Mendrisio da Enrico Molteni. Il programma funzionale è dato: una casa, un elemento architettonico definito (il tetto, il camino ecc.), magari un materiale da costruzione; poi la storia o il titolo sono liberi. Un campo da gioco abbastanza grande e aperto per chi si vuole cimentare. Una volta stabiliti i temi e i criteri, Enrico Molteni accompagna gli studenti con delle lezioni teoriche tenute in maniera classica, ma personali, su temi specifici, secondo il programma settimanale. A Mendrisio mi sembrava quasi l’unico professore di progettazione che in più tenesse delle lezioni ex-cathedra, spiegando per esempio le tecniche del disegno geometrico. Questa metodologia rinforzava un processo di lavoro equilibrato fra input di conoscenza/ricerca e allenamento di progettazione. I temi imposti a priori evitavano distrazione e garantivano che il discorso architettonico rimanesse centrato.
Anche se lo sguardo superficiale e l'influenza delle mode fanno sicuramente parte della formazione, direi che questa profondità, diciamo forzata, meriti un pensiero. Per un architetto, in un mondo professionale sempre più complesso, è una cosa vincente quella di focalizzare in modo veramente profondo almeno i topics della propria disciplina. Alla fine, c’è sicuramente un ingegnere che ne sa di più dell'impianto di riscaldamento, c’è il giardiniere che se ne intende di più della vegetazione. Però come un edificio assume la sua gestalt, come uno spazio prende la sua forma, di questo l’architetto se ne dovrebbe intendere più degli altri.
Qui probabilmente si trova un punto di incontro importante tra il modo in cui Enrico Molteni conduce la sua ricerca universitaria e il proprio lavoro da architetto. Come definire gli spazi, come creare le forme? Come dare significato in senso architettonico? Una specifica idea architettonica può trovare la traduzione -per esempio- con l'originalità della combinazione di forme geometriche. Esistendo già, una forma geometrica non pone la domanda "perché". Questa forma nelle mani di chi è competente può essere uno strumento. Così anche un muro o un tetto. Sovrapposizione, variazione o manipolazione, così l'architetto crea il nuovo. Con sequenze di schizzi minuscoli, con tutti i colori della scatola delle matite, nei disegni di Enrico Molteni nascono progetti nuovi, dove si evince il suo personale interesse per la geometria4. Mostrando la curiosità di andare sempre oltre ad un risultato buono, per trovarne uno ottimale. Questi schizzi mostrano il fascino di lavorare col disegno come uno strumento di lavoro. Alle spalle, dietro di sé, un mondo di scienza. Nell'atto del fare però, si mostra la mano di colui che guida la matita. La mano di un autore che comunque rende tutto personale e originale.
Tutto ciò per me culmina nella macchina della pioggia. Senza entrare nei dettagli, a prima vista sembrerebbe quasi ovvio che chi progetta in un territorio molto piovoso dovrebbe tenere in conto dell’acqua che arriva dall'alto5. Ma, onestamente, quanto tali ostacoli sono veramente considerati un potenziale architettonico da studenti del secondo anno? Insomma, per rendere chiaro il tema, Enrico Molteni e la sua squadra si inventano una macchina per vaporizzare l’acqua. Aggiungendo un leggero colore, il percorso dell'acqua si rende perfettamente visibile sui modelli bianchi impermeabilizzati. Illustrato da video che non possono essere più chiari e poetici6. Gli studenti di conseguenza si trovano nella posizione di progettare con strumenti molto precisi, ma allo stesso tempo liberi per ogni possibile interpretazione.
Autenticità
Ci troviamo in un periodo economicamente incerto, con sistemi di formazione professionale, ma anche la professione stessa, sempre più precari. Inoltre, mi sembra molto importante per gli studenti confrontarsi con persone che conoscono entrambi i mondi. Quello scientifico di ricerca e allenamento, ma anche quello della vita da professionista. Mi sembra non esserci alternativa. L'interpretazione della figura dell'architetto di Maurizio Crozza illustra benissimo -in maniera magari nemmeno troppo esagerata- lo stacco fra il mondo accademico e la realtà7.
Enrico Molteni non fa parte di un sistema in cui teoria e pratica sono separati. Piuttosto, nel suo caso, si tratta di un insieme, senza dubbio collegato, dove uno diventa il catalizzatore dell'altro. Chi progetta in un ambiente estremamente osservato si espone senz’altro alla critica. Come, un insegnante che non conosce questa sensazione, potrebbe preparare i suoi allievi a diventare autori?
Mi sembra che Enrico Molteni si senta più a suo agio con la matita in mano, sia metaforicamente che letteralmente. Quando ho visto i suoi schizzi e modelli minuscoli, prodotti in serie, la ripetizione in varianti che porta un progetto al suo massimo, ho visto il fascino di un uomo della scienza nel suo laboratorio determinato a trovare una risposta. Lo stesso rigore ed entusiasmo si manifestano anche nella didattica, quando nell'ultima settimana del semestre si rende conto che esiste una soluzione migliore e quasi quasi costringe gli studenti a fare l'esperienza della felicità, di essere in grado di superare qualsiasi ostacolo per ottenere il risultato voluto.
Enrico Molteni è in grado di introdurre i protagonisti - il disegno, i modelli ma poi anche il risultato, lo spazio - quasi come persone con cui fare amicizia. Più volte ho avuto il piacere di invitare Enrico Molteni come critico, e condividere la sua curiosità e il suo naturale entusiasmo per l’architettura con i nostri studenti a Monaco di Baviera. L’ultima volta, a dicembre dell'anno scorso, a conclusione della critica di un progetto poco convincente, Enrico Molteni, del tutto serio e convinto, esorta la studentessa: "Signorina, per favore, le chiedo di rispettare la geometria!"
Immagine: Enrico Molteni, La macchina della pioggia, fotografia, Accademia di Mendrisio 2017.
Note
1 A titolo di esempio, vedi: Atelier Collomb Molteni, Earth/Terra. Progetto per una casa colonica, book, Mendrisio 2016, www.enricomolteni.com/academic. 2 Cfr. R. Koolhaas (a cura), Fundamentals, 14 Mostra Internazionale di Architettura, catalogo, Marsilio, Milano 2014; R. Koolhaas, Harvard Graduate School of Design, Elements of Architecture, Taschen GmbH, Colonia 2018. 3 E. Molteni, Learning Architecture I. Four elements, Libria, Melfi 2018, pp. 66-77. 4 Cfr. A. Liverani, E. Molteni, Case, Libria, Melfi 2015; F. Bucci, Casa per un regista, in “Casabella”, n. 813, maggio 2012, pp. 40-51. 5 Un’operazione che risulta in una macchina come quella di J. N. Baldeweg nel suo modello per la casa della pioggia nel 1978. 6 Cfr. E. Molteni, Learning Architecture I. Four elements, cit. pp. 186-187. 7 Vedi i vari episodi di Maurizio Crozza del programma Paese delle Meraviglie sul sito www.la7.it, per esempio Crozza/Fuffas, Expo' 2015, una vetrina mondiale per il trionfo dell’Italian Style.
Bibliografia
- Bucci Federico, Casa per un regista, in “Casabella”, n. 813, maggio 2012. - Koolhaas Rem (a cura), Fundamentals, 14 Mostra Internazionale di Architettura, catalogo, Marsilio, Milano 2014. - Koolhaas Rem, Harvard Graduate School of Design, Elements of Architecture, Taschen GmbH, Colonia 2018. - Liverani Andrea, Molteni Enrico, Case, Libria, Melfi 2015. - Molteni Enrico, Learning Architecture I. Four elements, Libria, Melfi 2018.
Sitografia
- Atelier Collomb Molteni, Earth/Terra. Progetto per una casa colonica, book, Mendrisio 2016, www.enricomolteni.com/academic, consultato a Febbraio 2020.
Philipp Wuendrich
Abstract
Le modalità con cui Enrico Molteni sviluppa la sua ricerca e la didattica riflettono anche il suo modo di lavorare come architetto. Gli strumenti che adotta da un lato evidenziano i suoi principali interessi di ricerca progettuale, dall’altro sono in grado di costruire dei limiti rigorosi entro i quali dar luogo a molte interpretazioni sempre diverse l’una dall’altra, rafforzando quel processo di lavoro equilibrato fra input di conoscenza/ricerca e allenamento di progettazione.
The aim of Enrico Molteni’ s research and teaching reflect his architectural work. The tools that adopts on the one hand highlight his main design research interests, on the other, they are able to build the limits within which to take place to many always different interpretations one from the other, strengt hening that process of balanced work between input of knowledge/research and training of design.
Keywords
Curiosità, intensità, autenticità, didattica
Curiosità
“Ma il testo lascialo pure scritto in tre lingue! Un po’ in tedesco, un po' in italiano e un po’ in inglese: potrebbe diventare un modo di scrivere completamente nuovo!”.
Con queste parole inizia il nostro primo incontro per discutere del mio punto di vista sul rapporto tra la sua ricerca e la sua architettura, ovvero tra l’attività didattica e quella professionale di Enrico Molteni. Tenendo ben presente che tutto è progetto, avrei voluto seguire quel consiglio. Ciononostante, il mio sguardo esterno sul paesaggio architettonico italiano mi sembra già abbastanza particolare, senza dover rendere la lettura del mio testo completamente incomprensibile per l'uso di tre lingue diverse. Comunque sia, la ritengo un’osservazione sintomatica. Sta tutto lì. Questo è l’entusiasmo di Enrico Molteni, la curiosità di vedere del nuovo. Mi sembra un punto di partenza fondamentale sia per chi crea architettura, sia per chi la insegna.
Tra le altre cose che mi interessano in questo momento potrei nominare in termini generali la curiosità, l’intensità e l’autenticità. Sono parole direi poco specifiche, però a mio parere possono servire come criteri universali per valutare quello che ci sta intorno. In questo caso vorrei usare questi tre valori per creare un nesso tra la mia esperienza come collaboratore e come assistente di Enrico Molteni e quella di chi, nel frattempo, ha un proprio studio e luogo di insegnamento.
Intensità
Per descrivere Enrico Molteni in modo del tutto positivo, come un fanatico senza mezze misure, basterebbe vedere i modelli architettonici nei corsi che svolge. I modelli di tutti gli studenti vengono uniformati tramite una vernice di bitume nero, o tutti bruciati a fuoco, o fatti tutti in un unico materiale, come ad esempio il plexiglas. Imponendo poi colori o campiture obbligatorie per la presentazione grafica finale. Tutto ciò per rendere tutti i risultati paragonabili, ma anche riconoscibili nel variegato ambito universitario1.
Enrico Molteni quindi tende a togliere certe informazioni per focalizzare di più l'attenzione sui temi di cui vuole discutere, piuttosto che su altri. Questa operazione mi sembra del tutto particolare. Dato che la pratica della progettazione è qualcosa che si può solo imparare progettando, ed essendo un allenamento -come quello della ginnastica- specifico per chi progetta, anche i suoi laboratori di progettazione, coerentemente con questa filosofia, sono strutturati come se fossero svolti in uno studio di professionisti che progettano insieme.
La sua didattica mostra il fatto che imparare a fare architettura significa imparare a fare delle scelte. Per fare delle scelte uno ha bisogno di criteri. Quindi Enrico Molteni stabilisce una cornice forte, ma non rigida, per i suoi studenti. Li costringe a concentrarsi, a focalizzarsi sull'essenziale del progetto.
I temi sono chiari, e spesso c’è un esempio in cui è possibile evidenziare una riduzione agli elementi architettonici fondamentali, come quelli enunciati da Rem Koolhaas durante la sua Biennale di Venezia2. In questo modo nasce un campo da gioco comprensibile3.
Come esempio personale, mi riferisco al ciclo di Atelier tenuto a Mendrisio da Enrico Molteni. Il programma funzionale è dato: una casa, un elemento architettonico definito (il tetto, il camino ecc.), magari un materiale da costruzione; poi la storia o il titolo sono liberi. Un campo da gioco abbastanza grande e aperto per chi si vuole cimentare. Una volta stabiliti i temi e i criteri, Enrico Molteni accompagna gli studenti con delle lezioni teoriche tenute in maniera classica, ma personali, su temi specifici, secondo il programma settimanale. A Mendrisio mi sembrava quasi l’unico professore di progettazione che in più tenesse delle lezioni ex-cathedra, spiegando per esempio le tecniche del disegno geometrico. Questa metodologia rinforzava un processo di lavoro equilibrato fra input di conoscenza/ricerca e allenamento di progettazione. I temi imposti a priori evitavano distrazione e garantivano che il discorso architettonico rimanesse centrato.
Anche se lo sguardo superficiale e l'influenza delle mode fanno sicuramente parte della formazione, direi che questa profondità, diciamo forzata, meriti un pensiero. Per un architetto, in un mondo professionale sempre più complesso, è una cosa vincente quella di focalizzare in modo veramente profondo almeno i topics della propria disciplina. Alla fine, c’è sicuramente un ingegnere che ne sa di più dell'impianto di riscaldamento, c’è il giardiniere che se ne intende di più della vegetazione. Però come un edificio assume la sua gestalt, come uno spazio prende la sua forma, di questo l’architetto se ne dovrebbe intendere più degli altri.
Qui probabilmente si trova un punto di incontro importante tra il modo in cui Enrico Molteni conduce la sua ricerca universitaria e il proprio lavoro da architetto. Come definire gli spazi, come creare le forme? Come dare significato in senso architettonico? Una specifica idea architettonica può trovare la traduzione -per esempio- con l'originalità della combinazione di forme geometriche. Esistendo già, una forma geometrica non pone la domanda "perché". Questa forma nelle mani di chi è competente può essere uno strumento. Così anche un muro o un tetto. Sovrapposizione, variazione o manipolazione, così l'architetto crea il nuovo. Con sequenze di schizzi minuscoli, con tutti i colori della scatola delle matite, nei disegni di Enrico Molteni nascono progetti nuovi, dove si evince il suo personale interesse per la geometria4. Mostrando la curiosità di andare sempre oltre ad un risultato buono, per trovarne uno ottimale. Questi schizzi mostrano il fascino di lavorare col disegno come uno strumento di lavoro. Alle spalle, dietro di sé, un mondo di scienza. Nell'atto del fare però, si mostra la mano di colui che guida la matita. La mano di un autore che comunque rende tutto personale e originale.
Tutto ciò per me culmina nella macchina della pioggia. Senza entrare nei dettagli, a prima vista sembrerebbe quasi ovvio che chi progetta in un territorio molto piovoso dovrebbe tenere in conto dell’acqua che arriva dall'alto5. Ma, onestamente, quanto tali ostacoli sono veramente considerati un potenziale architettonico da studenti del secondo anno? Insomma, per rendere chiaro il tema, Enrico Molteni e la sua squadra si inventano una macchina per vaporizzare l’acqua. Aggiungendo un leggero colore, il percorso dell'acqua si rende perfettamente visibile sui modelli bianchi impermeabilizzati. Illustrato da video che non possono essere più chiari e poetici6. Gli studenti di conseguenza si trovano nella posizione di progettare con strumenti molto precisi, ma allo stesso tempo liberi per ogni possibile interpretazione.
Autenticità
Ci troviamo in un periodo economicamente incerto, con sistemi di formazione professionale, ma anche la professione stessa, sempre più precari. Inoltre, mi sembra molto importante per gli studenti confrontarsi con persone che conoscono entrambi i mondi. Quello scientifico di ricerca e allenamento, ma anche quello della vita da professionista. Mi sembra non esserci alternativa. L'interpretazione della figura dell'architetto di Maurizio Crozza illustra benissimo -in maniera magari nemmeno troppo esagerata- lo stacco fra il mondo accademico e la realtà7.
Enrico Molteni non fa parte di un sistema in cui teoria e pratica sono separati. Piuttosto, nel suo caso, si tratta di un insieme, senza dubbio collegato, dove uno diventa il catalizzatore dell'altro. Chi progetta in un ambiente estremamente osservato si espone senz’altro alla critica. Come, un insegnante che non conosce questa sensazione, potrebbe preparare i suoi allievi a diventare autori?
Mi sembra che Enrico Molteni si senta più a suo agio con la matita in mano, sia metaforicamente che letteralmente. Quando ho visto i suoi schizzi e modelli minuscoli, prodotti in serie, la ripetizione in varianti che porta un progetto al suo massimo, ho visto il fascino di un uomo della scienza nel suo laboratorio determinato a trovare una risposta. Lo stesso rigore ed entusiasmo si manifestano anche nella didattica, quando nell'ultima settimana del semestre si rende conto che esiste una soluzione migliore e quasi quasi costringe gli studenti a fare l'esperienza della felicità, di essere in grado di superare qualsiasi ostacolo per ottenere il risultato voluto.
Enrico Molteni è in grado di introdurre i protagonisti - il disegno, i modelli ma poi anche il risultato, lo spazio - quasi come persone con cui fare amicizia. Più volte ho avuto il piacere di invitare Enrico Molteni come critico, e condividere la sua curiosità e il suo naturale entusiasmo per l’architettura con i nostri studenti a Monaco di Baviera. L’ultima volta, a dicembre dell'anno scorso, a conclusione della critica di un progetto poco convincente, Enrico Molteni, del tutto serio e convinto, esorta la studentessa: "Signorina, per favore, le chiedo di rispettare la geometria!"
Immagine: Enrico Molteni, La macchina della pioggia, fotografia, Accademia di Mendrisio 2017.
Note
1 A titolo di esempio, vedi: Atelier Collomb Molteni, Earth/Terra. Progetto per una casa colonica, book, Mendrisio 2016, www.enricomolteni.com/academic.
2 Cfr. R. Koolhaas (a cura), Fundamentals, 14 Mostra Internazionale di Architettura, catalogo, Marsilio, Milano 2014; R. Koolhaas, Harvard Graduate School of Design, Elements of Architecture, Taschen GmbH, Colonia 2018.
3 E. Molteni, Learning Architecture I. Four elements, Libria, Melfi 2018, pp. 66-77.
4 Cfr. A. Liverani, E. Molteni, Case, Libria, Melfi 2015; F. Bucci, Casa per un regista, in “Casabella”, n. 813, maggio 2012, pp. 40-51.
5 Un’operazione che risulta in una macchina come quella di J. N. Baldeweg nel suo modello per la casa della pioggia nel 1978.
6 Cfr. E. Molteni, Learning Architecture I. Four elements, cit. pp. 186-187.
7 Vedi i vari episodi di Maurizio Crozza del programma Paese delle Meraviglie sul sito www.la7.it, per esempio Crozza/Fuffas, Expo' 2015, una vetrina mondiale per il trionfo dell’Italian Style.
Bibliografia
- Bucci Federico, Casa per un regista, in “Casabella”, n. 813, maggio 2012.
- Koolhaas Rem (a cura), Fundamentals, 14 Mostra Internazionale di Architettura, catalogo, Marsilio, Milano 2014.
- Koolhaas Rem, Harvard Graduate School of Design, Elements of Architecture, Taschen GmbH, Colonia 2018.
- Liverani Andrea, Molteni Enrico, Case, Libria, Melfi 2015.
- Molteni Enrico, Learning Architecture I. Four elements, Libria, Melfi 2018.
Sitografia
- Atelier Collomb Molteni, Earth/Terra. Progetto per una casa colonica, book, Mendrisio 2016, www.enricomolteni.com/academic, consultato a Febbraio 2020.
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